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Eliminare l'antigelo dal circuito primario

Acqua per i miei pannelli !!


Nel corso del mese di Aprile 2010 ho sostituito l’antigelo presente nel circuito primario dell’impianto solare termico di casa mia con un altro liquido termovettore: H2O. Vale a dire….. acqua !! L’impianto che è stato oggetto della modifica è del tipo a scambio indiretto con pannelli piani vetrati (non sottovuoto), circuito chiuso, valvola di sicurezza e vaso di espansione: di gran lunga la tipologia di impianto a circolazione forzata più diffusa.
Questa modifica l’ho fatta per una semplice necessità: risolvere drasticamente il problema delle perdite di antigelo dai numerosi raccordi a filetto presenti lungo il circuito. A nulla era servito sostituire il materiale usato per guarnire i filetti: che fosse canapa e pasta, teflon, liquido polimerizzate o altri prodotti in commercio, mi sono trovato sempre delle perdite. L’antigelo infatti è molto più penetrante dell’acqua e se la guarnitura della raccorderia a filetto non è realizzata in modo ottimale, questa causa perdite di liquido antigelo nel tempo.
Una volta riempito il circuito con acqua, le numerose perdite presenti sul circuito che si sviluppa dai pannelli solari al boiler, hanno smesso di gocciolare come per magia e senza dover rifare la guarnitura dei raccordi !! Ora è tutto sigillato e perfettamente a tenuta. Miracoli dell’acqua !! Questa modifica ha funzionato molto bene per le perdite, ma non solo. Si è infatti aperta una strada che in questi giorni ritengo un considerevole passo in avanti per gli impianti solari termici che progetto e collaudo ormai da anni. Vediamo di analizzare ogni aspetto argomento per argomento.
 
Gelo. Una funzione antigelo (presente solitamente nella centralina in dotazione all’impianto) fa partire la pompa a + 4 °C e la arresta a +7 °C in modo da prelevare calore dal serbatoio ed evitare il gelo all’interno del pannello solare. Nel caso del mio impianto, dotato di circuito in by-pass, il riscaldamento dei pannelli solari sarà assicurato dal calore accumulato nei muri di casa, prima di andare a prelevare calore dal serbatoio di accumulo. Questa situazione è da ritenersi una sicurezza ulteriore, ovvero se non dovesse bastare il calore dei muri. Un gruppo di continuità sopperisce ad un eventuale black out di energia elettrica.
 
Manutenzione. Il fatto di utilizzare acqua in sostituzione al costoso antigelo, comporta un secco risparmio di euro in caso di rabbocco dell’impianto. Se una tanica di antigelo da 20 litri costa sui 100 Euro, con l’acqua il costo è cessato. Se poi, come nel caso del mio impianto “laboratorio”, si effettuano prove limite di tenuta e modifiche varie, l’acqua è ancora la benvenuta perché evita di disperdere nell’ambiente una sostanza inquinante e sporcante che inevitabilmente si sparge ad ogni rabbocco e scarico dell’impianto.
 
Inquinamento. Nel corso di manutenzioni, lo smaltimento dell’antigelo dovrebbe essere effettuato presso siti idonei. Molto spesso però finisce nello scarico dell’abitazione. Utilizzando acqua, si risolve radicalmente il problema inquinamento.
 
Prestazioni. Il calore specifico dell’acqua è leggermente superiore a quello dell’antigelo (4,18 KJ/Kg°C contro i 3,72 KJ/Kg°C per un guadagno del 12,4 %) per cui lo scambio termico è migliorato dalla maggiore resa del pannello che lavora più in basso di temperatura. Infatti a parità di calore trasferito e di portata del liquido termovettore, mi basta un delta T minore (10 °C con antigelo diventano 8,8 °C con acqua) e questo giova al rendimento termico del pannello che lavora tanto meglio quanto minore è la sua temperatura rispetto all’ambiente esterno.
 
Sicurezza. Per quanto ad oggi l’antigelo utilizzato sia di tipo non tossico (glicole propilenico), l’accidentale trafilamento di questo liquido in serbatoi di acqua calda sanitaria per rottura o fessurazione dello scambiatore di calore, non è esperienza da augurare ad alcuno.
 
Sovratemperature. Con il termine stagnazione si intende il fermo impianto dei pannelli solari termici sotto un sole cocente. La stagnazione è un fase assolutamente indesiderata della marcia di impianto solare termico e mette duramente alla prova la resistenza dei componenti e dell’antigelo stesso che, sottoposto a temperature elevate, diventa in breve tempo acido ed aggressivo (corrosione) per il circuito dell’impianto, con possibile formazione di agglomerati peciosi, simili a petrolio (questo accade molto più facilmente con i tubi sottovuoto che stagnano a 250 °C e oltre, contro i 140-160 °C di un pannello piano vetrato). Questi agglomerati possono ostruire parti di impianto all’interno del panello solare bloccando la circolazione e il conseguente trasferimento di calore. Con l’acqua questo problema non sussiste, quindi l’impianto può sopportare un numero di cicli di stagnazione idealmente senza limite.
 
Sovradimensionamento. Utilizzando semplice acqua come liquido termovettore, si risolve il problema del sovradimensionamento della superficie captante dei pannelli solari: non è più necessario fare una corretta proporzione tra superficie captante ed accumulo, la superficie può essere aumentata a piacimento senza andare incontro a problemi (almeno se non si utilizzano i pannelli sottovuoto). Raggiunta la temperatura desiderata nell’accumulo, si arresta la pompa di circolazione del circuito solare e si realizza l’”OFF” di impianto anche sotto il sole di Luglio. Esattamente come spegnere il bruciatore di una caldaia a gas. Un sogno per il solare termico !! Inoltre se l’impianto adotta pannelli piani vetrati è possibile anche evitare l’ebollizione dell’acqua all’interno dei tubi e tubicini dell’arpa del pannello solare con un semplice accorgimento: innalzare la pressione a freddo del circuito quel tanto che basta per non avere la vaporizzazione in fase di stagnazione nel punto più alto del circuito. Ad esempio, nel caso dell’impianto di casa mia, è stato sufficiente portare a 3,6 bar la pressione relativa del circuito per non avere ebollizione a 141 °C di stagnazione. Alcuni giorni fa, l’impianto è restato fermo sotto il sole per 5 ore a 139-141 °C senza subire nessuna conseguenza spiacevole, ma soprattutto senza vaporizzare nei pannelli solari che se ne sono stati sul tetto riempiti di acqua ferma, surriscaldata, ma non vaporizzata. Alcuni giorni dopo, con sole limpidissimo, l’impianto è andato in stagnazione a 145,5 ° ed ha vaporizzato, questo dimostra che 3,6 bar erano il limite per 140 °C. Innalzando ancora di poco la pressione di carica a freddo dovrei evitare l’ebollizione. Questa modifica comporta che il pannello solare, nella fase di stagnazione, si comporti esattamente come se fosse del tipo “a svuotamento”, restando sotto il sole a dissipare il calore che si accumula al suo interno attraverso il vetro, la cassa e i tubi di rame che si innestano all’ingresso e all’uscita. Evitare l’ebollizione significa anche preservare il vaso di espansione del circuito del solare da picchi pressione e temperatura elevati (che possono arrivare al vaso attraverso una colonna bollente e surriscaldata di liquido termovettore sospinta da una stagnazione). Calcolo della pressione minima per evitare la vaporizzazione: Altezza impianto: 10 m, temperatura di stagnazione 145,5 °C --- 3,2 bar + 1 = 4,2 bar + 10 % = 4,6 bar !!
 
Degasatura. L’aria presente nel circuito del solare è dannosa prima di tutto per la resa dell’impianto. Se questa prende il posto del liquido termovettore nel pannello solare, in quel punto non c’è trasferimento di calore al liquido. Una curiosità: l’utilizzo di tubi corrugati in acciaio inox pare che renda più difficile evacuare l’aria a causa della forma che tende ad intrappolare maggiormente l’aria, per cui meglio il buon vecchio tubo di rame. Inoltre i vasi di espansione andrebbero installati con l’attacco rivolto verso l’alto altrimenti tendono ad intrappolare aria. Per questo è necessario provvedere a degasare efficacemente l’impianto solare. Normalmente questo è fatto con uno sfiato automatico di sommità posto nel punto più alto del circuito solare ed in uscita dal campo solare (punto più caldo del circuito), dove si accumula più facilmente tutta l’aria e la pressione è la più bassa (favorendo l’uscita del gas disciolto nella soluzione acquosa). Questo sfiato viene lasciato aperto i primi giorni di marcia dell’impianto, e successivamente chiuso per ovviare a scariche dell’impianto se questo dovesse andare in ebollizione (il vapore uscirebbe dallo sfiato, dato che fa il suo lavoro...). Utilizzando pannelli solari piani vetrati abbinati ad acqua al posto dell’antigelo ed innalzando leggermente la pressione, è possibile evitare l’ebollizione in fase di stagnazione e lasciare sempre aperto lo sfiato automatico in sommità al circuito (di solito sul tetto) che ora potrà fare il suo bel lavoro 365 giorni all’anno. Al riguardo, anche se non ne ho le prove scientifiche, c’è da dire che a seguito di una vaporizzazione da stagnazione una certa quantità di gas “irreversibile” sembra formarsi nel circuito. Questo significa che quando cala il sole, e quindi al calare della temperatura nel pannello, il vapore condensa tornando allo stato liquido, ma un certo volume di gas (magari che non è acqua) sembra restare presente nel circuito. Come se questo si liberasse dal liquido termovettore in fase di vaporizzazione, ma non si disciogliesse più nel liquido in fase di condensazione.
 
Corrosione. Anche se gli antigelo sono caricati con additivi anticorrosione, ho notato che alla lunga l’acidità dell’antigelo aggredisce per esempio la ghisa del corpo pompa di circolazione. Non per niente le note pompe Grundfos in versione Solar presentano il corpo pompa rivestito internamente con un trattamento superficiale che protegge la ghisa da queste aggressioni. Con acqua come liquido termovettore, anche questo problema è risolto.
 
Pulizia. Utilizzando acqua anziché antigelo, sapevo di andare incontro ad una problema: lo sporcamento del circuito che è inizialmente soggetto ad ossidazione. Per un fenomeno che non saprei spiegare (saturazione dell’ossigeno ?), il circuito si è progressivamente autopulito fino a diventare pulitissimo con l’otturatore in ottone del flussimetro che appare luccicante dal vetro di ispezione. Un livello di pulizia che non si era mai visto nemmeno con antigelo nuovo ed appena caricato. Curiosa è la tendenza inversa: utilizzando l’antigelo inizialmente è tutto pulito e poi si sporca, perde, si fanno grumi peciosi; con acqua si ha prima il torbido dell’ossidazione, poi si pulisce sempre di più, resta pulito e resiste alle sovratemperature senza che si formino grumi o corrosioni.